mercoledì 2 dicembre 2009

La prima riunione a scuola

La scuola svedese è, come gli ospedali (infermiere), un luogo dominato dalle donne. Infatti arrivato con pochi minuti di ritardo alla riunione della scuola di mio figlio sono stato accolto da una decina di signore quarantenni e un papà.
È stata un'emozione ritornare a scuola, come papà, e stare seduto dall'altra parte della cortina. Ritornano in mente le proprie esperienze di bimbo, a scuola con la cartella a tracolla con apertura laterale, l'astuccio col righello, le matite colorate la gomma per cancellare (il rosso per la matita e l'antipatico, inutile e salato blu) e soprattutto il grembiule nero col colletto bianco.
Un po' di malinconia mi è venuta osservando gli occhi glaciali delle accondiscendenti insegnati che discutevano dei biscottini speziati di Natale e dell'obbligatorietá delle lezioni di nuoto mentre ripensavo agli occhi semispiritati marrone intenso della mia maestra, sempre in orario, ma in ritardo di circa quarant'anni sulla fine del fascismo. Le voglio ancora un gran bene perché è grazie a lei che tutt'oggi guardo con sguardo cagnesco gli autisti che si fermano al rosso oltre la linea d'arresto.
Qui a scuola i bimbi mettono in cartella (anzi zaino) la banana, il costume da bagno, il panino per il bosco e tante altre cose divertenti. Non discuto che sia importante divertirsi, né che il gioco non sia in sé una forma di sviluppo ed apprendimento, ma spesso ho il timore che qui giochino un po' troppo, soprattutto dopo una certa età.
Spero di sbagliarmi e mi sembra, infatti che il mio cipollino si diverta ad imparare (così come gli altri due che a scuola non vanno ancora). Un grande merito ce lo hanno loro da soli perché sono davvero vogliosi di imparare. Un po' di merito me lo prendo da solo per avere insegnato loro ad usare la curiositá.

In ogni caso molti bambini mi sembrano pigri e svogliati, forse è comune anche in Italia, saranno i tempi moderni.
I loro coetanei italiani ed europei sono già un passo più avanti nella lettura e scrittura visto che cominciano un anno prima.
Insomma ho dei seri dubbi, ma come tutti i dubbi che hai in Svezia sulla Svezia, è meglio se te li tieni per te perché qui il sistema è il migliore del mondo per definizione e non sarà certo la critica di un maschio straniero sudeuropeo a scalfirne l'efficacia.
I nostri bimbi sanno leggere e scrivere perché glielo abbiamo insegnato in famiglia già dai quattro anni.
Spero di sbagliarmi, ma a me gli svedesi non sembrano particolarmente "coltivati".
Secondo me, anche chi ha un'educazione elvata, ha gravi carenze in materie come storia, storia dell'arte, geografia, lingua nazionale. Pur essendo grammaticalmente e logicamente facilissima, si esprimono male nella propria lingua.
Tuttavia mi sembrano decisamente meglio degli italiani in musica, educazione tecnica, manualità, ma sopravvivono credenze popolari tipo "le foglie in autunno ingialliscono perché ci sono zero gradi" oppure "in Irlanda è sempre estate".
Faccio fatica a crederci anche se l'ho sentito con le mie orecchie: un collega, un tipo vecchio stile, ha criticato i genitori che insegnano l'alfabeto e i numeri ai bambini prima dell'etá scolare, 6/7 anni! Secondo lui (e tanti altri appartenenti alla cultura socialdemocratica svedese) è un modo per farsi più bravi degli altri, per insegnare ai bambini la disuguaglianza, per cui da condannare ed evitare.
Infatti il sistema scolastico svedese vive su un concetto molto diffuso nella societá locale che mi fa un po' rabbrividire: Non devi essere meglio dell'altro (cfr. Legge di Jante).
I miei dubbi furono confermati da una insegnante conoscente (finlandese) altrettanto negativa sul modello svedese (da una finlandese c'è anche da aspettarselo).
Se lei vede un bambino particolamente dotato in una materia che vorrebbe cimentarsi in compiti più difficili, lo deve frenare per non demoralizzare i compagni che non ne capiscono altrettanto.
Io non sono d'accordo con questo concetto perché frena tutti. Per un latino è pura follia.
Cercherò di invogliare sempre i miei figli a studiare, imparare e non farsi fregare dagli invidiosi che in questa nazione pullulano.
In ogni caso benvenuto papà a scuola di tuo figlio, sarà scuola anche per te!

5 commenti:

  1. Io ho questi ricordi della scuola italiana: giardino bruttisimo, dove si giocava molto poco. Il piu´delle volte si giocava nei corridoi durante la ricreazione.
    Appena la maestra si assentava, il gruppo di bulli torturava il malcapitato di turno (purtoppo quasi sempre lo stesso bambino, gracile, timido e orfano di padre).
    Il grembiule con il fiocco rosa per le bimbe e il blu per i bimbi, zaini pesanti e tanti compiti a casa.
    Nella scuola svedese si puo´giocare, la maggior parte delle scuole a giardini se non belli quantomeno passabili, la vita all´aperto e´importante. S´insegna l´amore per la natura, i libri non li fanno comprare a noi genitori, si cerca davvero di dare le stesse opportunita´senza basarsi sul sesso.. e tante altre cose.
    Non ti preoccupare, io non credo che faccia una grande differenza cominciare a 7 anni. Meglio per me dargli il tempo di giocare e crescere con ritmi piu´"umani".

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  2. Ciao e grazie per avermi visitato e sostenuto.
    Grazie anche per le rassicurazioni ;)
    Io non ho ricordi così negativi della scuola elementare italiana, anzi. Avevamo spazi verdi ordinati e facevamo bei giochi e già in 3a el. cominciammo col francese con gite sulle Alpi (francesi per applicare la lingua studiata), e altre gite a monasteri musei mm. Scuola statale di periferia milanese. La mia maestra era una vera fascista, dovevamo stare in fila in silenzio e mangiare fino all'ultima briciola, ma era l'unica insegnante così severa della scuola. E non credo che la sua disciplina, anche se un po' esagerata sia stata così negativa per noi.
    Credo che entrambi i sistemi abbiano punti deboli. In Svezia la mentalità mi sembra troppo lasciva. Io credo che i bambini abbiano bisogno di più disciplina e regole e anche stimoli. In questo paese ogni tanto brucia una scuola, tu hai qualche risposta? Io ne vedo una, ma non l'unica, nel malessere dei giovani svedesi. Credo che dipenda dall'alta frequenza dei divorzi dei genitori (credo che si arrivi al 50%) e in generale un modello di famiglia allargata e "disunita" dove spesso il "nuovo uomo" della mamma conta più del papà vero o dei nonni.

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  3. Anche io la pensavo come te quando ero in Italia. Poi vedendo qui ho capito che la scuola qui fa persone migliori non più brave.
    Chi ha studiato in Italia sa di più ma sa fare di meno.
    Dare ai bambini delle capacità superiori a quelle che non sono richieste per la loro età è come mettere un motore più potente nella propria auto e lasciare gli stessi pneumatici, si perde contatto con la strada come il bambino perde il contatto con la realtà che vede in modo diverso e vede in modo diversi anche gli altri bambini suoi compagni nel ricercare di fare sempre di più perdendo gli altri modi di rapportarsi.
    Questo è un mio pare derivato da esperienze personali non da studi di materie a rigurado, tanto per far considerare la fonte.

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  4. Grazie hans per il commento interessante. Capisco cosa vuoi dire con la metafora dell'auto e in parte condivido.
    Non esiste il sistema perfetto ognuno ha i suoi punti deboli.

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  5. Caro Hans, la questione degli italiani che sanno di più ma sanno fare di meno è profondamente vera, l'ho riscontrato in università. Gli italiani non sanno gestire il sapere e a livello di ricerca, rimangono a livello amatoriale. Questo perché nessuno insegna veramente "come fare". Così ognuno fa di testa sua, con risultati spesso discordanti. Io credo che questo sia anche il motivo per il quale oggi gli italiani non siano più competitivi a livello internazionale.
    Comunque credo che i due sistemi di studio si possano completare a vicenda e che chi ha studiato in Italia, dopo un aggiornamento qui, possa davvero fare cose interessanti.
    (Parlo di università, non di scuola primaria).
    Arrivederci, Alex

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