giovedì 23 settembre 2010

L'italiano in Svezia

da mesi ho pensato di scrivere questo post, ma non sapevo mai da dove cominciare.

Da quando mi sono trasferito dal Norrland verso i mari caldi dello Skagerrak ho sperato di incontrare anche fisicamente connazionali, sia per me stesso, sia per loro ma soprattutto nella speranza che i miei bimbi sentano usare la lingua italiana da altri oltre che da me e magari si facciano amici italiani.

Ma per adesso niente. Non solo niente, ho anche incontrato qualcuno, ma mi sembra che l'italiano in Svezia sia estremamente riservato quasi volesse scrollarsi di dosso il pregiudizio che ci accompagna. Io per primo divento imbarazzato.
In un caso sono stato palesemente snobbato, peccato perché ci tenevo e non ho capito perché. Sono convinto di non essere stato antipatico come lo sono nel mondo dei blog.

Ho la convinzione che gli svedesi all'estero si ritrovino spesso tra di loro, si cerchino per non perdere le loro radici.
Hanno un spesso una "casa dello svedese" dalla quale passano anche altri cugini fennoscandinavi, magari festeggiano le loro ricorrenze con le aringhe e l'acquavite e i bambini crescono con Astrid Lindgren contemporaneamente in un ambiente svedese anche se sono in America o in Francia.

Ma questo non è il caso dei miei. È vero che hanno parmigiano, olio di oliva e minestrone il lunedì, ma oltre a questo? Niente. Ogni tanto vedono la Pimpa su y*utube.

Ma noi italiani a Göteborg cosa facciamo?
In primavera contattai il consolato ebbi un numero di telefono di una mamma che che organizzava incontri per i bimbi italiani e genitori, ma la catena di appuntamenti terminò prima ancora che io cominciassi a partecipare.

Mi promisi di organizzare qualcosa, ma la mamma mi dissuase confidandomi che era difficile e l'entusiasmo dei partecipanti era "deprimente". Alla fine lei stessa appunto rinunciò.

Perché? Ci dobbiamo ritrovare solo tra italiani giovani e solo anziani? o solo ricchi o solo tra poveri? o solo tra single o solo tra maritati? o tra meridionali e settentrionali? oppure la vita coi bambini prende così tanto tempo che non si ha più voglia di incontrarsi? Certo spesso le nostre vite sono diverse e non si diventa amici solo perché si è italiani.

Io sono deluso e preoccupato perché noto che i miei figli stanno crescendo con un italiano pessimo e un notevole distacco dal Belpaese che è anche loro. E non so cosa fare. Non è colpa loro, se non hanno nessun'altro con cui parlarle se non il loro padre e ogni tanto i nonni al telefono.

Consigli?
Qualche lettore che passa di qui e ha lo stesso problema? mi contatti pure!

lunedì 20 settembre 2010

Schockdemokraterna

L'ascesa degli SD è uno chock per i seguenti motivi:

-Svensson dovrà svegliarsi e vedere che un certo tipo di problemi con gli europei ce li ha eccome.
Finalmente anche il clima politico svedese assume un carattere continentale (e come al solito a causa/grazie a chi abita in Scania). Svensson non potrà più puntare il dito indice verso i danesi, gli italiani, i francesi, i britannci, gli unghersi, gli olandesi, popoli meno evoluti tra i quali sbocciano partiti xenofobi come fiori in primanvera (estate in Svezia) ergendosi a giudici mondiali di democrazia e rispetto.
In realtà ho già sentito quelcuno puntare il dito contro gli skåningar, come se la colpa fosse loro.
La regione Scania è quella più a sud, più vicina alla Danimarca e all'Europa in usi e costumi e dove gli sverigedemokraterna sono appunto più forti. L'abitante della Scania (lo skåning) è "quasi-svedese".

-svensson dovrà svegliarsi e vedere che i problemi con un certo tipo di immigrati ci sono eccome:
non basta più isolarli nei quartieri ghetto tipo rosengård, angered nelle caserme comunali prefabbricate di cemento degli anni 60 (miljonprogrammet) che altrimenti rimarrebbero vuote perché nel frattempo gli svennson hanno fatto soldi e si sono trasferiti in centro (quelli che abitavano in centro si sono trasferiti all'estero).

-Svennson dovrà svegliarsi e vedere che un certo tipo di problemi con se stesso ce li ha eccome:
come espressi in altre circostanze io credo che in ogni svedese si nasconda un potenziale SD, solo che ancora non lo sanno perché fin'ora gli immigrati fastidiosi sono stati circoscritti nei suddetti quartieri.
Detto con un eufemismo "lontano dagli occhi lontano dal cuore" chi ci vuole mettere i gioielli maschili faccia pure.
Mia teoria: se la Svezia fosse densamente abitata come la Danimarca, i Paesi Bassi, il Nord Italia, la regione parigina, la Svizzera tedesca etc. verrebbe fuori tutto il razzismo che abita nello Svensson.

Lo svensson medio abita ancora isolato fisicamente dai problemi del mondo nella casa rossa ritagliata nel bosco. Nel più denso dei casi, Svennson dimora nel suo sonnecchioso e silenzioso villaområde (quartiere residenziale di villette tutte uguali di assi di legno) e gli invandrare (immigrati non graditi si intende, tipo somali, iracheni) non sono niente di più che un arredo urbano del sabato pomeriggio in centro per autoconvincersi di far parte di una cultura moderna, aperte e politicamente corretta.
Magari in quei quarteri ci si va quando si hanno pochi soldi ma tanta voglia di andare all'estero e ci si compra un po' di quel loro cibo speziato e per fortuna che tengono aperti le carrozzerie e i gommisti a buon mercato e fanno qualcosa di diverso da mangiare per strada invece del solito kokt med bröd (würstelino hot-dog).
Poi tanto la sera ognuno a casa sua. La moschea possono anche costruirsela lì nel loro quartiere,
ebbeh...caspita un loro diritto...! (pronuncia con accento rauco milanese).
Facile essere tolleranti così herr Svennson.

giovedì 16 settembre 2010

Le stagioni secondo Svensson (l'autunno)

Chi mi segue avrà letto tra le righe dei miei post un certo astio nei confronti di come vengano trattate le stagioni da queste parti.
Ma ho una domanda per il mio lettore in modo da far capire meglio il mio senso di isolamento.

Da almeno tre settimane (siamo a metá settembre), il cielo del paese è spesso grigiolino, le foglie degli alberi ingialliscono (bello spettacolo), piove qualche oretta quasi ogni giorno, il vento è forte e freddo, il sedile della macchina è decismente scostante la mattina, anche il più focoso dei caldissimi nordici si veste da settimane con scarpe chiuse, calze, pantaloni lunghi e maglioncino. Il mare è grigionero e le spiaggie deserte da quasi due mesi.

Ma veniamo alla domanda. Che stagione è?

Ora non avrete creduto che stia parlando dell'autunno vero? Chi lo crede è davvero uno sprovveduto che non sa che cosa la grande verità nasconda. Perché il meteorologo scandinavo ha deciso (per il bene dell'umanitá dal pelo biondo) che siamo ancora in estate! è autunno (sempre secondo loro) quando le temperatura media del giorno è tra gli 0 e i 10 gradi. Similmente alle notti tropicali insomma.

La notizia viene puntualmente riporata dall'organo ufficiale di manipolazione intellettuale del partito democratico del popolo democratico del Regno democratico di Svezia e mi provoca un certo turbamento per la serietá che assume questo giornale altrimenti ridicolo.

Sono inoltre turbato non tanto perché secondo me è proprio da cervellino limitato (perdonatemi menti eccelse dell'SMHI, ma io la vedo così) definire le stagioni e i fenomeni meteorologici solo in base all'osservazione della "temperatura" ma anche perché lo svensson pecorone (e ce ne sono parecchi) ci crede ciecamente.

Ora io lo so che le descizioni delle quattro stagioni di SMHI sono ritagliate apposta per essere indossate dagli scandinavi. Ma il problema sorge perché lo scandinavo lo ignora ed è convinto di avere le giuste quattro stagioni oltre che tutte le cose più giuste del mondo.

Già me lo vedo il suddetto aggirarsi per le stradine della colline sarde o piemontesi verso fine ottobre, tra rovereti e vigneti che ingialliscono ed affermare con il piglio di chi ha passato l'adolescenza sul Sapientino "no, non è autunno perché non ci sono tra gli zero e i dieci gradi!". Così parlò SMHI.




Trevlig sommar!











P.S. Questa mattina mentre aspettavo lo scuolabus coi miei bimbi ho indicato le foglie gialle che volavano al vento freddo e ho raccontato loro che era autunno.
Alché il piccolino mi fa "ma no guarda lì ce n'é una verde!! allora non è autunno!"

Segue domanda triste e fatale "Lo svensson pensa come un bambino o il mio bambino sta diventando svensson?"

mercoledì 1 settembre 2010

Critiche "danesi" al sistema democratico svedese

Anteprima

Questo post mi è stato ispirato da una notizia ascoltata in radio ieri mattina. Spero che il fatto che io sia italiano non sia di impedimento per poter criticare un sistema universalmente riconosciuto come democratico.

Notizia

Il partito liberale danese (partito di governo a Copenhagen) ha chiesto all'ONU di mandare degli ispettori in Svezia per controllare il democratico svolgimento delle elezioni. Già, proprio così. Come in Bosnia e Iraq. Semplice invidia tra cugini? Politica interna? C'è del marcio in Danimarca? o c'è del marcio in Svezia?

A voi giudicare. Il partito danese richiama l'attenzione su come si svolgano le elezioni in Svezia ed in particolare su due fatti:

Prima e dentro la cabina

nei corridoi delle scuole, cioé prima di accedere al locale sono posti dei tavoloni sui quali giacciono impilati dei foglietti colorati, un colore per ogni partito. cioé una pila di foglietti rosa per il partito A, una pila di foglietti gialli per il partito B e via dicendo.
Su questi foglietti sono poi elencati i nomi dei candidati del rispettivo partito.

Nella busta a disposizione di ogni avente diritto al voto si deve infilare, nel segreto della cabina, uno solo di questi foglietti esposti al pubblico.
La busta viene leccata e siglillata in cabina e successivamente imbucata. In questo modo si esprima la preferenza, ma la scelta consiste nel prendere il foglietto in pubblico!.

La preoccupazione del partito danese (che io condivido da anni) è che chiunque possa sentirsi osservato nella scelta o meno del "foglietto giusto" o condizionato dal fatto che la scelta sia pubblica.
Quando esposi anni fa le mie rimostranze a quella che sarebbe diventata mia moglie (e ugualmente risponderebbe lo svensson medio a questa critica) fui tacciato di ingenuità "puoi anche prenderli tutti se vuoi, uno per ogni colore e poi una volta in cabina nella busta ci infili quello che preferisci".

Lo svensson medio secondo me è ignaro dei seguenti punti deboli che solo una mente malata come quella di un italiano (o di un danese) può elucubrare:

Pericolo pressione di gruppo
Ci può sempre essere uno vicino o un parente o un collega o un vechio amico che ti guarda storto se prendi proprio quel colore...
Poi per principio si può far fatica a prendere certi colori e a volte si vuol mostrare che proprio quel colore non lo si vuole prendere mai.
Per chi lo ignora racconto che in Svezia la gran parte della gente abita nei classici piccoli centri in cui tutti si conscono dalla nascita e l'abitudine a farsi i fatti degli altri è molto diffusa.
La preoccupazione di sentirsi additati dal vicinato perché si è preso proprio quel foglietto di quel partito è più che ragionevole.
Bastano pochi comandi o una frase sbagliata in questo paese perché ci si senta additati per tutta la vita.
Anche se si abita nei grandi centri il timore di fare la cosa sbagliata esiste in chiunque.

Pericolo minaccia fisica.
Per adesso non ci sono stati pericoli di gruppetti di forzuti ragazzacci che stanno minacciosi a scrutare i bigliettini che raccogli però, sempre meglio evitare di stuzzicare questo tipo di tentazioni.

Pericolo sabotaggio studiato (o semplici disguidi tecnici?).
Esempio che riguarda il partito femminista: proprio durante le ultime elezioni la pila dei loro foglietti sparí in diversi locali, per cui diventò impossibile votare per loro. Se non è scandaloso questo...

Partito xenofobo

Durante la campagna i partiti hanno giustamente il loro spazio mediatico distribuito democraticamente. Tutti tranne gli "Sverigedemokraterna" cioé il partito nazionalista-xenofobo. Non conosco le motivazioni dell'esclusione mediatica, ma è comunque un'organizzazione che rappresenta quasi il 4% del popolo e che secondo le previsioni sarà votato da oltre il 4% degli elettori guadagnandosi così il diritto a sedere nel "Riksdag" (parlamento svedese). Nei dibattiti televisivi c'è il blocco di destra che si confronta con quello di sinistra. I partiti non schierati (sverigedemokraterna, feministi, pirati etc.) devono fare da soli.

Reazioni svedesi?

In perfetto stile "Certe cose in Svezia non succedono"!

Durante la pausa pranzo, una volta criticato il sistema dei fogliettini fuori dai locali mi sono sentito acidamente chiedere: "come funziona allora in Italia, c'è Berlusconi su tutti i foglietti?" con seguente risatina generale.

Il personaggio intervistato dalla radio (un burocrate svedese, non ricordo che ruolo rivesta) commentava asserendo due cose (stringo):

Il partito xenofobo è assente dal palinsesto mediatico perché è xenofobo e quindi se lo merita.

Il problema dei fogliettini e in generale tutte le critiche al sistema svedese sono un fatto interno alla Danimarca, un modo tutto loro (dei danesi) di vedere il problema che qui in Svezia non esiste. Accusava il partito danese in questione di essere xenofobo. Questo è il parito liberale, il più grande in Danimarca, il partito di governo, del primo ministro Rasmussen, che è anche il segretario generale della NATO.
Il burocrate svedese asseriva che lo scopo di questo partito danese è di dare una mano agli xenofobi svedesi usando questi mezzucci, che certi problemi in Svezia non esistono e che bisogna essere davvero maliziosi per vederli.

Mie conclusioni

La critica al sistema svedese si può rivelare un boomerang per chi in quel sistema ci vive.
Si rischia, non di rado, di essere accusati di non vedere le cose come davvero (secondo verità svedese) stanno (cioé sei diverso e te ne devi fare una ragione), o di non capire (sottinteso non sei intellettualmente e socialmente sviluppato come uno svedese) fino al rischio di essere accusato di non "stare tanto bene".

domenica 29 agosto 2010

Orgoglio italiano

Poche settimane fa la mostra sul rinascimento aprì le menti di chiunque volesse imparare. Ieri una cinquantina di militari dell'aeronautica nazionale e dieci aerei scaldarono il cuore. Era la volta delle Frecce tricolori, la formazione aeronautica acrobatica più famosa ed apprezzata del mondo. Nel cielo azzurro e bianco di Hisingen sfrecciano dieci aerei blu e disegnano dopo spettacolari acrobazie splendidi tricolore sopra le nostre teste.


Ignoro purtroppo la qualità tecnica di ciò che i nostri piloti hanno fatto ma mi fido di quello che si scrive e so che quando gli italiani vigliono fare bene una cosa, la fanno spesso meglio di chiunque altro. Esempi? cercateveli!

Pacifisti e buonisti astenetevi pure da commenti. I ragazzi sono fantastici anche dal punto di vista umano. Corretti, eleganti nelle argomentazioni, simpatici, disponibili. Lontani dall'immagine dell' italiano "diva" non appena raggiunge un po' di celebrità, il personale a terra delle frecce si presta volentieri a chiacchierare ed accogliere le nostalgie dei connazionali fuori dai confini.


Addirittura ieri tre di loro hanno dimostrato una dolcezza inaspettata improvvisandosi assistenti psicologici con l'accento del triveneto quando una mamma nostra connazionale ha palesato le sue enormi difficoltà nel vivere e crescere la figlia in questa cultura.

Grazie ragazzi per ricordarci cos'è l'Italia vera, quella buona della quale andiamo fieri, quella dell'alta qualità, della fantasia e del sentimento umano.

Dati storici

Quest'anno si celebrano contemporaneamente i 100 anni dell'aviazione svedese e i 50 delle frecce tricolori. Quest'immagine racconta tutto.
Per questo la P.A.N. (pattuglia acrobatica nazionale) insieme a svizzeri e danesi hanno reso onore all'aeronautica svedese.
La pattuglia svizzera è considerata la migliore nei motori ad elica, quella italiana la migliore nei motori a propulsione.
Le frecce tricolori, ricercatissime in tutto il mondo, hanno visitato la Svezia solo tre volte (questa compresa) nei loro 50 anni di vita. Inoltre in Svezia il pubblico non è abituato a questo tipo di eventi per cui la richiesta è venuta più "dall'alto che dal basso".

Notare il cuore!

mercoledì 25 agosto 2010

"Quand je rentre en France...

... mi sembrano tutti matti!" mi disse anni fa un amico francese dalla Costa Azzurra trasferitosi a Stoccolma.
Abitavo a Luleå da un paio d'anni ed ero in piena apnea da Norrland e appena rientrato da una caotica Milano pensavo proprio la stessa cosa degli italiani.

martedì 24 agosto 2010

Una storia al contrario

Un recente post di una simpatico blog italofono da Stoccolma mi ha ispirato a raccontarvi questa storia.
Mi ricordo quando aprì la prima IKEA in Italia negli anni 80, poco a nord della Milano da bere. Ero ragazzino e forse giravo ancora con la ridicola giacca con le spalline. Da allora ci sono passato molte volte, ho comprato e montato un sacco di mobili. Nel frattempo trasferirono il punto vendita da Cinisello a Cologno Monzese, ancora più comodo.
Poi ne aprirono un’altra a sud di Milano (Corsico), poi a Lugano (Svizzera) poi a Brescia. Nel frattempo avevo fatto la naja e cominciato anche a lasciare i miei capelli sui banchi del Politecnico di Milano.
Andai come ad ogni festa comandata dalla nonna in Puglia e mi accorsi che nel frattempo ad una quarantina di kilometri tra gli uliveti baresi era spuntata un’IKEA.
Poi mi trasferii un anno in Svizzera Romanda e nelle verdi colline tra Losanna e Ginevra c’era da tempo un IKEA meta agognata dei miei nuovi amici svedesi, questi tipi diversi da poco conosciuti in terra elvetica.
Ci andarono tutti eccitati qualche giorno di fine primavera per comperare pane duro e pesce crudo in scatola per festeggiare una festa che noi non capivamo. Mangiarono e bevvero e cantarono sotto il sole (in Svizzera picchia a giugno).
Insomma ovunque mi trovassi c’era una Ikea di supporto. La cosa non mi provocava niente di meno che una certa serenità nel caso avessi avuto bisogno di un simpatico mobile di moda e a buon mercato.
Giovani uomini, famiglie con bambini, il mio anziano padre, ragazzine turbolenti tutti frequentavano questo posto magico dove sia milanesi, che svizzeri e pugliesi si sentono da anni a casa nonostante i nomi decisamente esotici e impossibili per loro da pronunciare.
Infine una volta adulto e laureato mi trasferii in Svezia e avevo con me solo i vestiti e i libri in una valigia blu. Finalmente avevo un lavoro soddisfacente, casa mia e soldi tutti miei da spendere per arredarla. Andai a cercare l’Ikea più vicina.
Mi ricordo che c'erano i viaggi in pullman organizzati da Luleå per Sundsvall, sette ore di pullman tra foreste e paesini tutti uguali per andare all’Ikea più vicina, cioé come da Milano andare a Napoli o a Lubiana o in Foresta nera o ben oltre Marsiglia (cito posti seducenti che non ho mai visitato in vita mia)!
L’Ikea che mi aveva seguito premurosa come mamma Svea era diventata un miraggio proprio una volta trasferitomi in Svezia. Non solo ma la gente intorno a me, gli svedesi, parenti, colleghi e conoscenti mi fece complice dell'idea che all’Ikea ci vanno solo le donne per il loro "tantresa". Cioé per il maschio norrlänning non è macho andare all’Ikea. Confesso che mi sentivo un po’ a disagio ad ammettere che fino a pochi anni prima ci andavo volentieri. Il disagio non mi impedí comunque di raccontare ai colleghi la storia che vi ho appena raccontato. Alché uno di essi mi pose la fatidica domanda: “ma perché... c’è l’Ikea in Italia?”.
Come per scherzo trovai a soli 80 kilometri da Luleå un negozio “plagio” dal nome irritante e quasi sarcastico: “Europa Möbler”.